La mia vita scorreva serenamente… si avvicinava il traguardo
finale per la mia vita lavorativa, la pensione, e con mio marito
avevamo abbozzato dei progetti per viaggiare un po’…  Finalmente
ci saremmo concessi un po’ di svago per noi due soltanto.
Una vita normale fino a quando mio marito non cominciò a
cambiare, da subito si è trasformato in modo molto evidente
dalla persona ricca di iniziative, di impegni ed energia stava diventando
sempre più stanco, silenzioso, apatico. Il più grande campanello
d’allarme è stata la sua perdita improvvisa di peso e la
difficoltà a trovare gli oggetti in casa.
Il medico ed il neurologo che consultammo mi rassicurarono che
si trattava di una forma di depressione dovuta al sovraffaticamento.
Allora, sette anni fa avevo sentito parlare di Alzheimer
ma era una cosa lontana e impensabile per me. Non volevo sentirne
nemmeno il nome. Le cure consigliate, sebbene seguite
attentamente per quasi sei mesi, non davano alcun risultato e
decidemmo di consultare a Roma un medico specializzatosi in
Alzheimer in America.
Dopo molte peregrinazioni e analisi trovammo la spiegazione ai
nostri dubbi: il medico romano ci comunicò che si trattava di
Alzheimer e che non c’era possibilità di cura. Ci indirizzò verso il
Progetto Cronos della nostra ASL.
Le emozioni che provavo allora e che provo ancora sono di forte
rifiuto, di isolamento, rabbia, senso di colpa, impotenza e frustrazione.
La mia Famiglia ed io abbiamo avuto notevoli difficoltà a reperire
informazioni sulla possibile assistenza da fornire a mio marito
e trovare qualcuno che ci aiutasse a sostenere l’impegno della
vita quotidiana che è divenuta sempre più stressante dal punto di
vista emotivo e fisico. Nel nostro territorio non esistono molte
strutture che operano come centri diurni specializzati nell’assistenza
a malati Alzheimer e a coloro che soffrono di demenza senile
in generale. Molto spesso abbiamo letto di quello che avviene
in altre regioni, l’Emilia Romagna e l’Umbria ad esempio, o in
altre parti del mondo come negli USA, abbiamo contattato il
numero verde della Federazione Alzheimer, letto libri di sociologi
americani sulla malattia e sull’importanza del caregiver, del familiare
che si dedica totalmente al malato.
Noi, come sistema Famiglia eravamo convinti che qualcosa si
dovesse fare per aiutare mio marito, al di là dei farmaci. Credevamo
nell’importanza delle terapie del ri-orientamento, delle terapie
occupazionali, ma il confronto con persone che si definivano
“esperte” operanti nel settore pubblico ci ha riservato alcune
grandi sorprese. Abbiamo toccato con mano l’ignoranza di molti,
le lungaggini burocratiche che abbiamo incontrato sul nostro
cammino, la disinformazione di altre famiglie, meno richiedenti
di noi perché probabilmente più rassegnate o meno informate.
Con molta difficoltà e dopo due anni di attivazione mirata, siamo
finalmente approdati al Gerovit, che ci sostiene in questa fase
intermedia della malattia. Quando le cose cambieranno, dovremo
trovare nuovi accorgimenti, e ricreare una parvenza di nuovo
equilibrio, ma non sappiamo ora a cosa andremo incontro e
quando, per cui dobbiamo lavorare per prepararci a fa fronte a
nuove possibili emergenze.
Fino ad oggi non abbiamo avuto ancora una vera<possibilità di
confronto con altri familiari ma credo fermamente che le singole
esperienze rappresentano un patrimonio prezioso cui si può dare
un significato condividendole. Credo che solo un organismo costituito
da più persone può unire, confrontare ed utilizzare tutte le
esperienze. E raggiungere il suo obiettivo fondamentale: diventare
interlocutore autorevole presso la società e le istituzioni locali,
creare una rete di sostegno con esperti, specialisti della malattia,
e dell’assistenza sia al malato che alle famiglai, diventare un interlocutore
delle istituzioni locali affinché queste possano dare le
risposte concrete e necessarie attraverso l’attivazione di servizi
sociali adatti e l’adeguata informazione.
Essere un punto di riferimento importante sul territorio affinché
tanti possano trovare delle risposte utili e del sostegno prezioso in
un tempo inferiore ai nostri 7 lunghi anni.

Dalla lettera di una partecipante al Seminario
di incontro promosso dal centro Gerovit (Aversa – CE)
nell’ambito delle iniziative della Regione Campania per celebrare
la Giornata Mondiale dell’Alzheimer ed il suo centenario