La Persona con Alzheimer
E una persona priva di difese, non più in grado di esprimere compiutamente sentimenti, emozioni, timori o malesseri, se non attraverso una comunicazione non verbale, comportamentale sperimentando significativi disturbi d’ansia (malessere, irrequietezza, apatia) .
E’ alla ricerca continua della sua storia di cui viene spogliato, spesso, da una visione troppo medicalizzata o da un approccio non adeguato. Manifesta, ogni giorno di più, un vissuto di impotenza e di disorientamento nei confronti della realtà che lo circonda, diventando estremamente fragile e vulnerabile e con l’andar del tempo, sempre meno autosufficiente non potendo più̀ fare a meno di quello che poi diventerà̀ la seconda vittima di questa malattia: il Caregiver.
Caregiving
E’ la cura e l’assistenza che il Caregiver dona ad un proprio familiare, il più delle volte per affetto. E’ un vero e proprio “lavoro” quotidiano, accompagnato da emozioni contrastanti, senso di inadeguatezza, di impotenza, stanchezza, sensi di colpa, in cui il Caregiver cerca, con sempre più difficoltà, a conciliare i suoi tempi di vita, lavoro, cura con conseguenze sempre più allarmanti sulle sue condizioni psicofisiche.
Ciò costituisce un valido aiuto sia per il paziente che per la società tutta, prevenendo l’istituzionalizzazione ed evitando costi altissimi per ricoveri ospedalieri o in strutture residenziali. Ma affinché ciò possa perdurare nel tempo, il Caregiver va aiutato e sostenuto nel suo ruolo.
Caregiver
Derivante dall’inglese, il termine Caregiver definisce “colui che presta le cure”. In italiano non esiste un termine altrettanto efficace ed incisivo. Si distingue il:
- Caregiver formale (infermiere o qualsiasi altro professionista).
- Caregiver informale (figlio, coniuge, e a volte anche un altro familiare o amico) che assume il ruolo principale di cura e di assistenza del proprio caro, che non è più in grado di prendersi cura di se, per supportarlo nelle sue attività di vita quotidiana, quasi sempre tutti i giorni e per tutto il giorno.
Il Caregiver è sottoposto a numerosi fattori stressanti che spesso possono essere causa di insorgenza di disturbi fisici, anche se ciò dipende dal grado di resilienza personale, da quali strategie si adottano per superare la situazione e dal supporto su cui ciascuno può contare Come in tutto il mondo, anche in Italia i principali caregiver familiari o informali sono le donne (fino al 75% del totale) di età compresa tra i 45 e i 64 anni, che spesso lavorano o che hanno dovuto abbandonare la propria attività lavorativa per dedicarsi a tempo pieno alla cura di chi non è più autonomo (nel 60% dei casi).
L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI PRECOCE
In caso di comparsa di deficit cognitivi è importante rivolgersi al proprio medico. Attraverso specifici approfondimenti diagnostici indicati dallo specialista, tra cui ad esempio valutazione neuropsicologica ed eventuali esami strumentali, è possibile identificare la presenza della malattia di Alzheimer e stabilire i trattamenti terapeutici.
Domande Frequenti
La malattia è ereditaria?
Non si può parlare di vera e propria ereditarietà. Avere casi di malattia in famiglia non comporta necessariamente il rischio di sviluppare la malattia. Solo in una piccola percentuale di casi l’origine della malattia è genetica e spesso si manifesta prima dei 60 anni. Nella maggioranza dei casi la malattia si
presenta senza ereditarietà. Esistono fattori di rischio non modificabili (come l’età) e fattori di rischio modificabili collegati a fattori ambientali e agli stili di vita, sui quali è possibile agire, fattori come la scarsa attività fisica, l’abitudine al fumo, il consumo di alcol, il diabete, la carenza di vitamine, la depressione, la bassa scolarità.
Esiste una cura?
Non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer. Diverse sono, però, le terapie che aiutano a rallentarne il progredire e a migliorare la qualità di vita del paziente. Tra queste vi è la stimolazione cognitiva, la terapia occupazionale e anche attività socializzanti che spesso migliorare il tono dell’umore della persona.
Quali sono le strutture adatte ad una persona con Alzheimer?
L’AIMA predilige la Casa come luogo di cura ideale. La persona con Alzheimer non può che soffrire dell’allontanamento dai propri luoghi, da quel che resta dei propri ricordi. Tuttavia, spesso, l’evoluzione della malattia rende inevitabile un ricovero in strutture residenziali o semiresidenziali (centri diurni, RSA, case di riposo), che consentano agli operatori sanitari di poter meglio assistere un paziente nelle ultime fasi di vita o comunque con esigenze assistenziali complesse, al punto da non poter essere soddisfatte presso il domicilio.
Come prevenire l’Alzheimer?
Esistono fattori di rischio sui quali è possibile agire per prevenire l’insorgere della malattia. Come ricordano anche le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è di fondamentale importanza seguire uno stile di vita salutare: svolgere regolare attività fisica, non fumare, evitare un consumo dannoso di alcol, tenere sotto controllo il peso, adottare una dieta salutare, mantenere livelli giusti di pressione del sangue, di colesterolo e glicemia